Per 42 anni, 11 mesi e 16 giorni, ho fatto il maestro. Un’attività ora sottopagata, che ha sempre meno riconoscimenti sociali ma che rimane, lasciatemelo dire, il “mestiere “ più bello del mondo.
Ora è tempo di andare in pensione. Se ripercorro come, in un lungometraggio, la storia di questi lunghi anni non mi vengono in mente le circolari, il POF, le griglie di valutazione, l’INVALSI, i registri cartacei (quelli li ho sempre compilati, malvolentieri, appena prima della scadenza) ed ora il registro Elettronico, le LIM, i tablet……… Rivedo invece i volti – quelli si li ricordo bene – i volti, gli occhi, le voci, le storie di tanti e tanti bambini, ormai diventati più che adulti, alcuni già nonni, con cui ho condiviso emozioni, scoperte, la fatica e la ricerca di un percorso per imparare a diventare grandi.
Un maestro i suoi scolari se li ricorda per tutta la vita. Vedo le facce dei tanti maestri, i maschi erano pochi, le maestre di più, impegnati insieme a me nella ardua ed affascinante impresa di costruire una scuola “DI TUTTI E DI CIASCUNO” come diceva Don Milani, una scuola di “SCIENZA E DI TENEREZZA” .
A Somma (plessi Macchi - M.L. King - Rodari - Villoresi ), Gallarate, Caiello, Besnate, Moriggia, Golasecca, Coarezza, Case Nuove , Vizzola, Maddalena tanti, tanti ricordi. Avevo 25 anni quando ho iniziato ad insegnare come supplente ed incaricato di religione: era il 24.01.1977. Il posto di lavoro garantito era la normalità in quegli anni. Un altro secolo, un altro millennio.
Era la scuola selettiva, la scuola dei voti, dei ripetenti, quelli alti alti venivano dislocati negli ultimi banchi, quelli che neanche alle elementari ce la facevano a stare al passo. Era la scuola dell’obbedienza, del maestro/a unico, tuttologo, chiuso nella sua classe, degli armadi chiusi a chiave che i supplenti o le supplenti non avevano il diritto di aprire, dei grembiulini neri d’ordinanza. La mia era la generazione dei maestri cresciuta con la voglia e l’impegno di cambiare la scuola e di cambiare il mondo. Che bello il ’68.!! Avevo 16 anni.
Come maestri vivevamo una stagione irripetibile della pedagogia italiana quando educazione voleva dire conquista della democrazia, crescita di uomini e donne nuovi e responsabili nei confronti della comunità, della collettività, del creato.
Tanti i miei maestri ispiratori, quelli che davano idee e sostanza ai miei, ai nostri progetti: Don MILANI con al sua “Lettera a una professoressa” e l’attenzione agli emarginati, agli ultimi,ai piccoli; Mario LODI, campione di didattica e di umanità; Gianni RODARI e la sua “GRAMMATICA DELLA FANTASIA”…… MI FERMO.
Leggevamo e discutevamo, con passione ed entusiasmo, senza guardare l’orologio e senza segnare “LE ORE ECCEDENTI” da recuperare. C’era una scuola nuova da costruire assieme. Sono stati gli anni del diritto all'istruzione ed alla cultura per tutti, degli handicappati che cominciavano ad essere inseriti nelle classi (senza insegnante di sostegno, ma, in qualche modo, ce la cavavamo). Gli anni contro certa vecchia scuola: le poesie a memoria, le tabelline, le regole grammaticali e le formule di matematica ………… gli anni del TEMPO PIENO e poi del MODULO, dei docenti che si specializzavano in una materia e che lavoravano in team. Le attività da svolgere quotidianamente in classe si decidevano insieme. La programmazione era il risultato di studi, di confronti, di discussioni anche molto accese. Una grande rivoluzione dopo anni di sperimentazione; erano tempi in cui la cultura e la scuola contavano, erano importanti. Tempi in cui i genitori ci davano fiducia, credevano nel cambiamento e partecipavano a quella ventata di democrazia che sono stati gli “ORGANI COLLEGIALI”.
Sono passati gli anni, i decenni. Tanti i cambiamenti nella società e di riflesso anche nella scuola. Scuola e cultura non godono più del prestigio di un tempo, non sono più ai primi posti della scala dei valori della società, degli studenti e delle famiglie. Il grande movimento di idee, di conoscenze, di valori si è appannato. Da troppi anni manca un pensiero sulla scuola. Mancano idee, valori etici di riferimento, riforme condivise. Manca una riflessione sui temi fondamentali del nostro “ESSERE” e “FARE” scuola: su “sapere” e saper fare”, su competenze e contenuti, su abilità e conoscenze, su “IMPARARE” ed “IMPARARE AD IMPARARE”, su merito- selezione-integrazione, su rigore e qualità degli apprendimenti.
Da anni la scuola ha mutuato un linguaggio aziendale. Alunni e famiglie sono diventati “CLIENTI”. I direttori didattici sono stati trasformati in dirigenti con la didattica, lasciatemelo dire, evaporata dal loro ruolo. E poi il tentativo di tornare al docente, scusate maestra/o unico, di morattiana memoria, il tutor, il PECUP, le UNITA’ DI APPRENDIMENTO, il MONOENNIO, il PORTO FOGLIO per arrivare al presente, alla riforma Gelmini, che riforma la scuola con tagli, economici e di programmi (vedi storia) senza nemmeno ascoltare le voci critiche e di dissenso da parte di docenti, sindacati e genitori.
Una scuola appiattita sul presente, una scuola che non vola alto, che non ha progettualità sul futuro. L’oggi è fatto di una generazione di insegnati precari, classi sempre più numerose e più complesse da gestire, alunni che fanno sempre più fatica a rispettare le regole, accettare insuccessi, assumersi responsabilità. E ancora gli organi collegiali diventati ritualità da rispettare per legge, la fiducia incrinata dei genitori, il ritorno ai voti, la grandissima importanza data ai test quasi che a scuola verificare sia più importante che educare ed insegnare.
Anche il “CLIMA UMANO” è cambiato: più stress, più stanchezza, più malessere, meno sorrisi in circolazione oggi nella scuola…………………
Poi entri a scuola al mattino. Ritrovi tante facce amiche……. I bambini ti aspettano, ti salutano, ti raccontano le loro imprese, ti si affidano e riesci ancora a farli appassionare ed ad appassionarti.
BUONA SCUOLA A CHI RIMANE