Da cuore pulsante della vita del paese a oggetto dimenticato

 

Il manufatto che ora è posizionato nell'omonima piazza rappresenta una ricchezza per questo luogo che va al di là del suo valore storico e artistico: indica la presenza di un’importante risorsa del sottosuolo: l’acqua.

Già il Melzi nel suo testo “Somma Lombardo” del 1880, racconta che, nell'atto che stabiliva la divisione dei beni tra i fratelli Guido e Francesco Visconti, è citato il “promiscuo diritto di attingere al pozzolo, more solito” in quanto, a differenza di quelli situati nella parte settentrionale del paese, forniva acqua potabile eccellente e continua. Il pozzo pare sia stato scavato nel 1231, come risulta dalla data scolpita sul sasso che ne costituiva il parapetto.

Sempre dal Melzi apprendiamo che era posizionato a m 274,00 slm ed aveva una profondità di m 81,00.

Nei territori circostanti, da parecchi secoli, era presente un’importante famiglia, i Gella, che diedero nome alla valle che divenne la valle dei Gella, dove il pozzo era posizionato; da qui il nome pozzo Valgella.

Il pozzo contribuì allo sviluppo attorno a sé di un borgo che andava via via allargandosi e che vedeva la popolazione impegnata in attività agricole e di pastorizia. Verso la fine del XV secolo la località, che oltretutto si trovava lungo l’Antica Via Ducale che collegava Gallarate a Sesto Calende, andava assumendo sempre più importanza e la piazza del pozzo divenne sede della “Squadra Bassa” che, alle dipendenze di Guido Visconti, svolgeva la funzione degli attuali comitati di quartiere per l’amministrazione del Borgo (venne interpellata anche per la costruzione della chiesa di San Bernardino e per la partecipazione dei residenti alla Confraternita della Penitenza). Nelle vicinanze si svilupparono laboratori artigianali di falegnami famosi in tutta la zona, zoccolai, intagliatori, sellai, ricamatori, scalpellini, cordari, tessitori, scalpellini, stagnini (magnan). Come spesso capita nei borghi, gli appartenenti a famiglie con lo stesso cognome ma di ceppi diversi vennero distinti con un soprannome ricavato dall’attività svolta piuttosto che dalle caratteristiche di qualche membro della famiglia o dalla provenienza. Così i “CASALE”, presenza numerosa attorno al pozzo con botteghe di falegnameria, vennero distinti con “MARIANA”, “SCROCCH”, “TOSCIA”.

Fra i tanti artigiani e figure tipiche ricordiamo il ciabattino “zifulott dal Ross”; la ferramenta dal “Bugin”; il fabbro “Pret dal mor”; il ricamatore “Casalin” che alla domenica apriva il “caferin dala furiosa” con balera e tiro a segno; il sensale “Briscula”; il droghiere-affarista “Barba da Ramin”; gli ambulanti “Saunin” che vendevano nei cortili il “pan giald e stancitt” (pane casalingo e salamini di cavallo); l’ortolana fattucchiera “la Pigurina”; la “cuaresciana “Fresca Fantoni Maria che filava la canapa e stendeva il cordame lungo la via; la “Marieta Lucà” che girava per le case a pettinare le donne; la stiratrice “Cecazucheta” ecc.

Con la costruzione del Sempione, nella seconda metà dell’anno 1800, la piazza perse via via la sua importanza in quanto il transito maggiore avveniva qualche metro più a nord. All’interno del paese era pur sempre un punto importante, e lungo le vie che confluivano sulla piazza si affacciava un succedersi di botteghe di ogni genere.

Negli anni ’60 troviamo ancora numerose fiorenti attività commerciali. In quegli stessi anni, l’Amministrazione provvide all’ammodernamento dell’acquedotto comunale, così il pozzo Valgella, che nell’arco degli anni aveva cambiato la sua struttura fino a diventare il pozzo che vediamo oggi, non aveva più ragion d’essere; al suo posto venne posta una griglia che permetteva l’ispezione ai manufatti sottostanti destinati al prelevamento dell’acqua dalla falda, per l’approvvigionamento e la distribuzione in quella parte del territorio comunale.

L’evoluzione commerciale di Somma, il variare delle abitudini e il maggior utilizzo delle automobili hanno portato alla trasformazione della piazza in uno spazio dedicato a parcheggio, privandola del manufatto che, fortunatamente, non è andato completamente distrutto ed oggi, riposizionato grazie all’interessamento dell’Associazione I LOVE SOMMA LOMBARDO, ha restituito ai Sommesi il ricordo della propria storia, e a chi Sommese non è ha suscitato la curiosità circa quei luoghi.

Luisa Zaffaroni
I Love Somma