Pro Loco racconta ... la storia di Somma e le nostre tradizioni

 

S. Agnese nacque a Roma da genitori cristiani, appartenenti ad illustre famiglia patrizia, nel III secolo. Decise di consacrare al Signore la sua verginità. Quando era ancora dodicenne, scoppiò una persecuzione e molti furono i fedeli che s’abbandonavano in massa alla defezione. Agnese rimase fedele al Cristo e gli sacrificò la sua giovane vita. Fu denunciata come cristiana dal figlio del prefetto di Roma, invaghitosi di lei e da lei respinto per mantenere fede al suo voto di verginità. Fu esposta nuda al Circo Agonale, un luogo di piazza Navona (oggi cripta di Sant’Agnese) delegato alle pubbliche prostitute. Un uomo che cercò di avvicinarla cadde morto prima di poterla sfiorare e altrettanto miracolosamente risorse per intercessione della Santa.

Gettata nel fuoco, questo si estinse per le sue orazioni, fu allora trafitta con colpo di spada alla gola, nel modo con cui si uccidevano gli agnelli. Per questo nell’iconografia è raffigurata spesso con una pecorella o un agnello, simboli del candore e del sacrificio.

La principessa Costantina, figlia di Costantino il Grande, fece erigere in suo nome una chiesa sulla via Nomentana dove ogni anno, il 21 gennaio, due agnelli allevati da religiose vengono benedetti e offerti al Papa perchè dalla loro lana siano tessute le bianche stole dei patriarchi e dei metropoliti del mondo cattolico. (fonte wikipedia)

La città di Somma è legata a Santa Agnese dopo la vittoria che i Visconti ottennero sui Della Torre nella battaglia di Desio il 21 Gennaio 1277 giorno nel quale ricorreva la festa di S. Agnese. Per ringraziamento della vittoria che significò l’inizio del Ducato di Milano, i Visconti la assunsero come patrona del casato e della città.

Da secoli la leggenda e i simboli si fondono alla tradizione e a Somma Lombardo Santa Agnese viene rappresentata come una passerotta che, in volo, attraversa la Basilica durante la funzione religiosa. La passerotta è rappresentata da una sfera di ovatta sostenuto da una struttura metallica che viene data alle fiamme come simbolo del martirio.

Anche in piazza, prima della funzione religiosa si svolge, con una sfera più grande, una identica rappresentazione come buon auspicio per il nuovo anno e dove, prima dell’accensione della “passera”, si ricorda il rito deI “Cilostar” la cui storia veniamo a raccontare (tratta dal libro “Somma Lombardo, da borgo antico a città moderna” di A. Rossi.

“La storia del grosso cero, definito un tempo “Palio del Cilostar” risale agli anni succeduti alla sventura della peste del 1630 e alla guerra del 1636 quando in Francesi e i Savojardi, accampati al Panperduto di Tornavento, scorazzando per le campagne si rovesciarono come fiere affamate sul nostro povero borgo. Le chiese vennero saccheggiate e profanate e la popolazione sottoposta a ferro e fuoco.

Ritornata la quiete, come succede sempre dopo le grandi sventure, la gente ricorre in Dio con slanci di generosità con pie istituzioni donazioni e “legati” per ripristinare i danni arrecati alle nostre chiese dalla malvagità degli uomini. Si ridestò così nell’animo della nostra gente, preceduti dall’esempio dei Signori di Somma, e dalle casate dei loro apparentati, nonché dalle gerarchie ecclesiastiche, l’amore e l’attaccamento alle nostre tradizioni religiose con una gara per ripristinare le dotazioni per il culto e rifabbricare la chiesa di S. Agnese in più grandi proporzioni.

Verso l’anno 1642, a centosessanta anni dalla divisione del nostro comune in due parti, sopite le rivalità e le lotte intestine, la popolazione si associò per unire gli sforzi in concorde intento religioso. Fu così che in una assemblea generale in piazza dell’Olmo (lato di tramontana del castello) scaturì l’idea di una pacifica competizione da svolgersi in occasione della festa patronale di S. Agnese che ricorreva il 21 gennaio 1643.

Essa consisteva nel confezionare, in gran segreto, per ciascuna parte un grosso cero (dialettalmente chiamato “Cilostar”) per presentarlo il giorno della festa patronale in chiesa attraversando di corsa le vie del borgo tra urla, schiamazzi, invocazioni e al suono di pifferi e tamburelli. Un’apposita commissione composta dal Prevosto, dai Visconti e dai rappresentanti delle parti concorrenti, giudicava i due Cilostar vinceva chi lo aveva presentato più grosso, ben confezionato, decorativo e funzionale al servizio dei riti religiosi. Il Cilostar perdente ritornava alla comunità con l’impegno di riconfezionare, con lo stesso materiale, ceri in diverse misure sempre per uso dei servizi religiosi.

Con il passare degli anni, specie dopo il 1664 quando la chiesa di S. Agnese fu rifabbricata, il “Palio del Cilostar” acquistò sempre più una competizione agonistica diventando una corsa competitiva col cero portato sulle spalle dagli uomini delle Confraternite in divisa. Altre volte il Cilostar era depositato su un carro trainato da buoi, ed il corteo era preceduto dalla rispettiva Confraternita di S. Vito o S. Bernardino, mentre i confratelli di S. Rocco reggevano il baldacchino sotto il quale il Prevosto con i paramenti sacri e l’ostensorio con il Santissimo, accoglieva sul sagrato della chiesa l’arrivo dei due cortei coi Cilostar concorrenti.

Fino agli ultimi anni concorrevano ad offrire il cero più grosso, due antichi casati sommesi che si contendevano l’orgogliosa tradizione: si trattava dei Casolo soprannominati “Coeu” e dei Casale soprannominati “Toscia”, che in divisa della Confraternita di appartenenza (S. Vito), avevano l’onore di aprire la processione dell’offerta della cera reggendo sulle spalle il grosso cero e inneggiando con entusiasmo a S. Agnese

La manifestazione del Cilostar si interruppe agli inizi degli anni trenta per essere poi ripresa il 24 gennaio 1981.