Un’emergenza senza fine che ora coinvolge anche gli studenti
Parliamo ancora di morti sul lavoro. Dall’inizio dell’anno al momento in cui viene steso questo articolo (fine febbraio 2022) sono stati 193 i lavoratori morti, un numero impressionante, una media superiore ai tre incidenti mortali ogni giorno. Riportiamo alcuni nomi, per non dimenticarli, consapevoli che prima che questo giornale venga stampato ed arrivi nelle vostre case la lista verrà tragicamente aggiornata ed allungata: Pierantonio Ferraresi, 44 anni, precipitato dal braccio meccanico di una gru; Kamel Kakkaf, 57 anni, risucchiato e schiacciato dai cavi di acciaio di un verricello; Luca Blondi, 50 anni, , schiacciato da una piattaforma elevatrice; Francesco Gallo, 48 anni, caduto da un’impalcatura; Cico Ceccano, 57 anni, colpito in testa da una lastra d’acciaio. Questa lunga striscia di morte non è un fatto ineluttabile, uno scherzo amaro del destino contro il quale la nostra volontà non può fare alcunché se non accettarlo passivamente, come dimostrano gli analoghi dati degli altri Paesi europei. In Italia la media annuale di morti sul lavoro ogni centomila abitanti è di 2,6, superiore di gran lunga a quella di altri Paesi, come Paesi Bassi (0,7), Germania (1,1), Svezia (1,2) e Gran Bretagna (1,5). Superiore anche alla media complessiva europea, che è di 2,2 morti all’anno ogni centomila abitanti. Questi dati confermano che questa vicenda non è una tragica fatalità, ma che ha precise responsabilità, prima di tutto quella dei datori di lavoro (non chiamiamoli padroni per carità, che poi si offendono!). Una responsabilità dovuta alla brama di ricavare il maggior profitto possibile a scapito delle condizioni e della sicurezza di lavoratrici e lavoratori. Che fare allora? Cosa è possibile mettere in atto per evitare questa tragedia nascosta per la maggior parte del tempo e che occasionalmente conquista la ribalta dei mezzi di informazione per vicende particolarmente gravi, come a dicembre scorso quando tre operai, Roberto Peretto, Marco Pozzetti e Filippo Falotico, sono morti per il crollo di una gru sulla quale stavano lavorando. Per alcuni giorni abbiamo visto le solite scene, abbiamo sentito le solite frasi, tutti a dire che era inaccettabile, tutti a promettere di metterci mano per risolvere il problema. Ma dopo alcuni giorni è tornato l’oblio, e i lavoratori e le lavoratrici hanno continuato a morire nel silenzio di tutti. Bisogna costruire nuove norme, fare nuove leggi? In realtà le nostre leggi prevedono norme e procedimenti che, se applicati, garantirebbero una maggiore sicurezza. Quello che manca sono i finanziamenti per le ispezioni, è solo una questione di soldi. E questo chiama in causa l’altra grave responsabilità, quella della politica. Per concludere vorremmo richiamare la vicenda di due ragazzi, due studenti, Giuseppe Lenoci di 16 anni e Lorenzo Parelli di 18 anni, morti per incidente sul lavoro mentre stavano svolgendo uno stage di formazione scuola/lavoro. Una vicenda ancora più assurda, se possibile, perché quei ragazzi erano studenti, avrebbero dovuto essere a scuola. Non crediamo, come viene strombazzato ormai da quasi tutti, che la scuola debba essere propedeutica al lavoro. La scuola è altro, una palestra dove i ragazzi e le ragazze, attraverso la cultura, e certamente anche con le nozioni tecniche diverse a seconda dell’indirizzo scelto, imparano e costruiscono se stessi come cittadini e cittadine coscienti del proprio ruolo. Ed è vergognoso che le manifestazioni studentesche nate per protestare dopo la morte di Lorenzo e Giuseppe siano state violentemente represse dalle forze dell’ordine. A maggior ragione vergognoso visto che è avvenuto in un Paese, l’Italia, dove per mesi abbiamo assistito a decine e decine di manifestazioni, in genere non autorizzate, dei no vax, in simpatica compagnia di fascisti vecchi e nuovi. Manifestazioni che prendevano in ostaggio le città e che spesso sfociavano in violenze contro le persone fino al gravissimo attacco alla sede della CGIL, e che, al contrario delle manifestazioni degli studenti, venivano in genere tollerate e non represse dalle forze dell’ordine. La nostra totale solidarietà va agli studenti.