Il cinismo e l’indifferenza non sono virtù

 

In questi giorni le parole più battute sulle tastiere dei mezzi di comunicazione sociale finiscono per “ista”: razzista, buonista, fascista, comunista e quant’altro, usati più delle volte come argomento d’offesa.

Sembra che tutta la vicenda dei respingimenti legata alla ripresa degli sbarchi e dei flussi migratori stia generando sui social sui media e nei luoghi di discussione, solo due voci contrastanti: i razzisti (fascisti) da una parte, i buonisti (comunisti o “sinistri” tout court) dall’altra. Non sembra esserci risonanza per una voce che rispetti sia la biblica portata dell’umana tragedia di chi ha bisogno di aiuto e fugge da guerre o disagi sociali, sia il vuoto profondo di frustrazione di chi si sente lasciato solo nell’affrontare un esodo inarrestabile, frutto di politiche e speculazioni mondiali che di fatto hanno impoverito l’intero continente africano. Non capisco perché si debba scegliere l’una o l‘altra posizione di due estremi che in realtà non esistono.

Senza soffermarmi sulla spiegazione del significato delle parole razzista e buonista, credo che la maggioranza degli italiani su quei barconi non vedano una sottospecie di razza umana, ne avversari da temere facendo cattivo gioco, piuttosto si sentono soli ad affrontare questa tragedia, nonostante negli ultimi anni siano diminuiti parecchio gli sbarchi. In realtà ciò che sta accadendo è uno smacco per tutto il “condomino” Europa di cui noi, come da accordi, abbiamo accettato di fare il portinaio, sbraitando nella disorganizzazione di cui siamo maestri, spesso autodenigrandoci e volendoci tirar fuori dal gruppo di cui facciamo parte pur essendo soci fondatori.

Ma in fondo siamo migliori di quanto sembriamo o dimostriamo di essere. A differenza di altri, abbiamo dato prova di incontestabile umanità, forse chiassosa, a volte raffazzonata e spesso disorganizzata, ma sicuramente la nostra generosità è unica.

Rivendicare i propri limiti è compatibile con il proprio senso di umanità e con quello del dovere nei confronti dell’Europa. La priorità assoluta rimane quella di intervenire per salvare uomini donne e bambini in balia dei pericoli del mare e di organizzazioni criminali che speculano sul bisogno. E’ altresì evidente che l’esodo biblico a cui assistiamo da anni, ormai pubblicizzato come problema unicamente italiano, enfatizzato anche dalle nostre scarse capacità organizzative e dai disservizi dei nostri sistemi d’accoglienza, è un problema di tutto il condominio europeo e non solo della concierge Italia. Bisogna dunque consolidare il concetto di frontiera europea, rivedere le modalità d’accoglienza e ripensare il ruolo di Stato di “primo ingresso”, che non può e non deve rimanere solo un problema italiano. Insomma va rivisto il regolamento di ”Condominio”. Però nel frattempo non possiamo certamente chiudere i porti e provocare così, con cinismo e inumana indifferenza, le conseguenti odissee a cui stiamo assistendo.