Giuseppe Celeste Ingignoli, mio nonno, nacque a Varallo Pombia il 10 ottobre 1903. Con i genitori, Giuseppe e Angela Sironi, si trasferì a Somma Lombardo, spostandosi di pochi chilometri dal Piemonte alla Lombardia.
Diciannovenne scappò di casa facendo preoccupare i genitori per partecipare alla Marcia su Roma. Fascista convinto, aderì alla M.V.S.N, ebbe la possibilità di studiare e, infatti, di mente brillante si recò anche in Germania per imparare la meccanica, che era la sua passione: alcune sue intuizioni messe in pratica (ad es. un particolare tornio) sono ancora riscontrabili presso la “Secondo Mona”, dove venne assunto il 2 ottobre 1922.
Benvoluto dalla cittadinanza per il suo carattere mite sposò Rosa Colombo, anche lei proveniente da Varallo Pombia, ed ebbero, l’11 febbraio 1940 un figlio, Gianpiero, mio padre.
Dopo gli “anni del consenso”, la deposizione e l’arresto di Mussolini del 25 luglio 1943, il conseguente armistizio dell’8 settembre e lo sbando delle truppe italiane portarono inevitabilmente alla guerra civile.
Si fronteggiarono da una parte i militari della Repubblica Sociale Italiana e dall‘altra le formazioni partigiane “bianche” e quelle comuniste, con un indiscutibile egemonia da parte di queste ultime.
Riporto di seguito quanto scritto nella dispensa numero quindici del Centro Studi Mezzanese “Quella tragica notte del 10 maggio 1945” – G. Colombo, F. De Maria - Maggio 1984)
Notte tra il 10 e l’11 maggio 1945. Davanti alla caserma dei carabinieri (…), si ferma una camionetta … e 5 detenuti (in realtà quattro: Dino Borsani, Guido Colombo, Antonio Casolo Ginelli e Celeste Ingignoli) vengono prelevati e stipati sulla camionetta che a folle velocità si dirige verso Maddalena. Sul greto del fiume Ticino viene consumata la vergognosa vendetta partigiana. A nulla valse la richiesta del conforto religioso prima dell’efferata esecuzione. Delle cinque (quattro) persone abbattute dalla sventagliata di mitra, una, ferita leggermente per puro caso, riuscì ad evitare il colpo di grazia e si salvò con la fuga.
Notiamo qui per inciso che almeno due delle persone trucidate avevano già subito un regolare processo e che, non avendo trovato alcunché a loro carico, il C.L.N. li rimise in libertà (tra le quali mio nonno Celeste).
Ma perché qualche giorno prima di quella tragica notte del 10 maggio furono prelevati dalle loro case e di nuovo rimessi nelle celle di sicurezza della caserma ? ….
Non staremo noi qui a ricordare il trasporto dal greto del Ticino in piazza S. Bernardino, fatto con un carro, da quattro persone ubriache fino all’inverosimile per ordine degli allora responsabili dell’ordine pubblico.
Le quattro (tre) salme, …, dopo la benedizione di un sacerdote, furono trasportate al cimitero e tumulate dietro l’attuale monumento degli avieri della Malpensa … (dove ora sorge il monumento in Onore dei Caduti della Repubblica Sociale Italiana).
Mio padre, che all’epoca dei fatti aveva 5 anni, venne condotto dai nonni al cimitero cittadino dove presso la camera mortuaria vide il corpo martoriato del padre.
Mai, in tutti questi anni, nonostante la grave tragedia familiare, mio padre ha cercato la vendetta ... anzi.
E’ dal 1972 impegnato nelle ricerche ed onoranze ai caduti, con il Comitato Naz. Ricerche ed Onoranze Caduti della R.S.I., che si prefigge oggi più che mai di giungere a quella pacificazione nazionale che dopo oltre 70 anni da quegli eventi, solo un popolo immaturo ed incapace di calarsi nel contesto storico in cui quegli avvenimenti nefasti ebbero luogo può non perseguire.
Termino con una considerazione: prima di usare qualunque termine senza conoscerne il significato, consiglio di studiare bene la storia.
Fabrizio Celeste Ingignoli
per il Comitato Naz. Ricerche
ed Onoranze ai Caduti della R.S.I.