Una ricerca storica dedicata ai sommesi e alla prima Guerra Mondiale
Non tutti i sommesi sanno quanti e chi furono i loro concittadini che diedero la loro vita durante e dopo la Grande Guerra; per questo motivo ho cercato di dare questa informazione con l’ausilio di documenti degli archivi provinciali di Milano e Varese, dell’archivio storico del Comune di Somma Lombardo, degli archivi parrocchiali di S. Agnese e di S. Stefano, dai parecchi libri di carattere storico e documentaristico dove i fatti avvenuti durante quegli anni di guerra e in quelli successivi, sono raccontati da persone che li vissero e alcuni di loro in seguito,morirono dopo uno, due o tre anni di sofferenza, per cause riconducibili a quella guerra.
Per ogni caduto ho voluto dare un minimo di informazione sul loro ruolo (notizie sul grado, reggimento d’appartenenza, ecc.), sul luogo dove morirono (con mappe d’epoca), e sul come morirono (dai vari bollettini di guerra o racconti di chi visse l’evento); mi furono d’aiuto delle foto d’archivi privati, cartoline d’epoca e, soprattutto, le magnifiche tavole illustrate dal pittore Achille Beltrame per la Domenica del Corriere.
Ho aggiunto il caso, che lascerò ai lettori di giudicarlo nel bene o nel male, che è quello di un soldato fucilato durante una delle tante “decimazioni”.
Estratti dalle prime pagine del libro che narra le vicende umane di ogni singolo caduto, e di questi il cui numero è superiore a centoquaranta, sono molti quelli che la “STORIA SOMMESE” li ha dimenticati, o non vuole che siano ricordati..
INTRODUZIONE
Con l’illustrazione inizio questo libro nel quale elencherò tutti i caduti sommesi della Grande Guerra, sia quelli in battaglia sia quelli deceduti nei vari ospedaletti o ospedali da campo, perché non penso che vi sia qualche differenza tra il morire di polmonite contratta in trincea, dal morire per una cannonata. Ugualmente ho trattato quelli che, tornando fisicamente danneggiati o mutilati per causa bellica, morirono pochissimi anni dopo. Sebbene io abbia scritto dei deceduti negli anni 1919, 1920 e 1921, logicamente il loro numero non sarà certamente quello definitivo poiché, purtroppo, non mi è stato possibile fisicamente trovare con sicurezza quelli deceduti a “motivo della guerra” negli anni seguenti: la loro presenza serve per porre l’accento sulla tragica realtà che la GUERRA lascia sempre uno strascico luttuoso anche “dopo” la cessazione delle ostilità.
Tornando all'illustrazione che, a detta di persone molto più informate di me, è la vera ricostruzione e descrizione dell’attentato, è messa per soffermarsi un attimo a pensare e a chiedersi:
- È mai possibile che pochi colpi di rivoltella possano scatenare una tragedia così grande come la Grande Guerra?
O forse quell'atto fu la scusante perché uno stato guerrafondaio potesse “mostrare i muscoli” (leggi magazzini stracolmi di armi e generali smaniosi di farli funzionare), alle nazioni vicine senza stare a pensare ai morti, e alle tragedie personali e famigliari che ne sarebbero derivate?
- Oppure, erano le grandi forze economiche (quelle che determinano la vita e il modo di vivere di questo mondo, e se lo potessero, anche quello di altri mondi), ad approfittare dell’occasione (carpe diem) per scatenare una guerra e sopraffare le forze avversarie?
Come disse il grande poeta: “Lasciamo ai posteri l’ardua sentenza”.
Trascrivo dalla pagina 8, questa sua poesia che il poeta sommese Carlo Ravasio, lesse il giorno 2 ottobre 1921 alla popolazione del paese, durante l’inaugurazione del Monumento ai Caduti.
AI MORTI
Vivi, giuriamo ai Morti: ora e sin tanto
Che rimarrà pur una croce in vetta
All’alpe sacra e sovra il Carso santo,
Sin che la Piave bella e benedetta
La rossa riva lascerà in Fossalta
Per farla tutta d’ossa e schegge netta.
Morti, giuriamo, fin che sarà libera e alta
La fronte nostra e un grido pio, nel sole,
Italia! Gonfierà le nostre gole,
E tre cuori resteran senza diffalta.
Morti, Giuriamo: sia la nostra prole
Degna del valor vostro, e figli i figli
Sian dei padri e l’un l’altro somigli
Con animo, con gesta e con parole:
Ché, se la patria dubiti e perigli,
Ognuno tragga all’ara benedetta,
Col vostro alto silenzio consigli
Morti, così giuriamo: ora e sin tanto
Che rimarrà pur una croce in vetta
All’alpe sacra e sovra il Carso santo!
A fare da contralto ecco quanto scrisse Francisco Isidoro Luis Borges:
Nessuno muore del tutto finché ne sia conservato il ricordo.