Gli sforzi dell’uomo per misurare la Terra, dal passato ai nostri giorni

 

Prendo spunto dalle poche righe comparse su questa Rivista nel numero scorso, relative alla Base Geodetica di Somma. Non parlerò di tale argomento, dato che ne ho dato allora sufficienti riferimenti: cercherò invece di condensare in poche righe la situazione attuale sulla misura e sulla rappresentazione del nostro pianeta. Per circa trenta secoli, con mezzi diversi, l’uomo ha cercato di definire le dimensioni del globo su cui viveva, con alterna fortuna spesso compressa, per quanto riguarda il periodo che va dal medioevo sino al secolo dei lumi, dal contenuto delle Sacre Scritture. Comunque le misure, le osservazioni, avvenivano restando sul pianeta: quasi di colpo tutto è cambiato nella seconda metà del secolo ventesimo, con la conquista dello spazio: ne venne infatti la possibilità per l’uomo, di vedere e quindi anche di misurare la Terra restandone al di fuori. Le tradizionali modalità operative tipiche del geodeta e del topografo vennero rivoluzionate, raggiungendo traguardi ritenuti impossibili ancora qualche decennio prima. Per esempio, in un mio libro degli anni Settanta, osservavo che ben poca parte del mondo era allora rappresentato in cartografia a scala media o grande: almeno due terzi avevano carte a scala geografica, più o meno quella sommaria degli atlanti; nulla adatto allo sviluppo dei trasporti, dell’urbanizzazione, della conduzione agricola razionale. Oggi basta andare su “Google Earth” per avere la rappresentazione di qualsiasi sito del pianeta a scale variabili sino a quelle grandi, con in più le coordinate in un unico sistema cartografico mondiale (UTM), cosa sin quasi alle fine del ventesimo secolo impensabile. Dicevo qui sopra della rivoluzione che ha colpito le tradizionali e secolari modalità operative: nessuno oggi misura gli angoli di triangoli più o meno estesi, e quindi nemmeno le necessarie “basi” per dimensionarli: operazione indispensabile ancora negli anni Settanta del secolo appena trascorso. Le misure dedotte dalle costellazioni satellitari in orbita a circa ventimila chilometri di quota, regolate da orologi atomici al Cesio e al Rubidio, capaci di fornire il tempo con incertezze dei picosecondi, permettono di definire non solo le posizioni dei punti di appoggio fondamentali per la misura geodetica della Terra, ma altresì anche i punti delle ordinarie operazioni topografiche tipiche del geometra, quali le riconfinazioni, i tracciamenti delle opere d’arte, le variazioni catastali e così via. Il tutto, cosa incredibile ancora alcuni decenni fa, non solo in coordinate “locali”, bensì anche in coordinate generali riferite per l’intero mondo al sistema universale UTM (Universal Transverse Mercator) già sopra indicato che ha come supporto un unico ellissoide per la Terra intera, WGS 84 (World Geodetic System 1984) o ai suoi più raffinati sviluppi che non indico nemmeno, data la complessità dell’argomento, conosciuti come “Geodetic Datun”. Un decennio fa, nell’ambito di una tesi di laurea magistrale della quale ero relatore, ho fatto rilevare con adatta strumentazione il nostro vecchio e rinomato Castello Visconti, del quale sono oggi disponibili per l’appunto le coordinate “georeferenziate” in UTM con incertezze (il termine usuale è “precisione”, ma tecnicamente non è corretto) dell’ordine di qualche centimetro. Ed è per l’appunto di tale grandezza l’incertezza oggi ottenibile (ma in certi casi anche ben minore!) di qualunque punto del globo terrestre. Nella “Età di mezzo”, chi avesse fatto simile affermazione, sarebbe stato bruciato sul rogo perché ritenuto uno stregone e un apostata. Per molto meno, fece quella fine Giordano Bruno e Galileo (cui oggi è intestata la più recente e precisa costellazione satellitare europea, alla cui realizzazione l’Italia ha ben partecipato) venne imprigionato sin alla fine di suoi giorni. Chi volesse, per curiosità, conoscere tutti gli sforzi dell’uomo per misurare la Terra, da circa tremila anni prima di Cristo sino ai nostri giorni, potrebbe leggere il libro: “La misura della Terra”, collana Politecnica, Maggioli editore, Sant’Arcangelo di Romagna, 2016, autori Carlo Monti e Attilio Selvini, dipartimento ABC del Politecnico di Milano.

Attilio Selvini,
già presidente della Società Italiana di Topografia e Fotogrammetria