Il dramma della condizione lavorativa in Italia
Qualche settimana fa l’attenzione pubblica si è concentrata sul dramma degli infortuni e delle morti nel mondo del lavoro. Ad attivare il lavoro dei mass-media (cartacei, televisivi e on line) erano stati alcuni tragici episodi: le morti di Luana D’Orazio, operaia tessile di 22 anni di Prato, di Cristian Martinelli, di 49 anni morto in una azienda meccanica di Busto Arsizio, infine di Maurizio Gritti, di 47 anni operaio edile da quando ne aveva 14. Ma dopo un paio di giorni di articoli e dibattiti è tornato il silenzio, come se quelle morti fossero un evento episodico ed eccezionale. In realtà le morti sul lavoro sono una strage continua, della quale ci accorgiamo solo occasionalmente: i dati statistici dicono che in Italia circa mille lavoratori e lavoratrici muoiono ogni anno in conseguenza di incidenti sul luogo di lavoro, il che significa quasi tre morti al giorno, ogni giorno. È un dato spaventoso e drammatico, che fa fremere di rabbia. E la rabbia aumenta considerando l’ipocrisia della politica e dei mezzi di informazione che si accorgono di tale tragedia solo episodicamente dimenticandosene il resto dell’anno. Ricorda il gattopardesco “cambiare tutto per non cambiare nulla”. In realtà le leggi per la prevenzione degli infortuni sul lavoro ci sono, quello che manca è la volontà politica e le risorse finanziarie.
Ma questo dramma è solo una parte della questione della condizione del lavoro nel nostro Paese: disoccupazione, sfruttamento (pensiamo ai corrieri, ai rider o agli operatori di call center), flessibilità nelle forme di contratto che produce precarizzazione (e su questo il centrosinistra ha gravi responsabilità, pensiamo all’approvazione del Jobs Act), salari inadeguati. Chi afferma, ad ogni pie’ sospinto, “prima gli Italiani” poi propone unicamente il taglio delle tasse, che ha sempre significato e sempre significherà il taglio delle tasse per i più ricchi, il che provocherà un ulteriore impoverimento dei ceti più deboli, costretti a pagare di più per servizi basilari (istruzione, sanità, servizi sociali) che devono essere tagliati per far fronte alla minore entrata fiscale. La situazione è particolarmente drammatica per le giovani generazioni, i giovani lavoratori e le giovani lavoratrici, costretti ad accettare condizioni capestro in termine di salario e di orario di lavoro. Recentemente il Sen. Salvini si è scagliato contro i giovani che “preferiscono oziare sul divano ricevendo il reddito di cittadinanza piuttosto che fare i camerieri a 600 euro”. Ma davvero? Salvini pensa che 600 euro siano un salario dignitoso? Certo detto da uno che 600 euro li guadagna in un giorno grazie all’indennità parlamentare!
La questione del lavoro e le sue condizioni (sicurezza, salari, contratti di assunzione) deve essere al centro della progettualità e del programma della sinistra. Non è facile, perché sembra che il mondo stia andando in un’altra direzione, perché anche le forze a cui rivolgersi per costruire alleanze stanno andando in un’altra direzione, perché questa questione ha una dimensione che supera i confini italiani, è una questione che investe l’Europa e le sue istituzioni, e anche loro stanno andando da un’altra parte. Non è facile, impone un cambio di paradigma enorme. Non è facile, ma è necessario.
Per questo Sinistra per Somma, nel suo piccolo, ha deciso di investire il proprio impegno su questa questione, la condizione lavorativa con particolare attenzione al mondo dei giovani lavoratori e delle giovani lavoratrici. Il nostro impegno si concretizzerà con un’inchiesta sulle condizioni (salario, orario, forme di contratto) in cui si trovano a dover lavorare i giovani nella nostra città. Un’inchiesta i cui risultati saranno alla fine comunicati, con un’iniziativa pubblica, all’attenzione cittadina.