Scopriamo più da vicino cos’è il PNRR e cosa prevede
Ci sono parole, soprattutto inglesi, e acronimi che abbiamo dovuto imparare a conoscere perché onnipresenti sui titoli dei giornali e negli approfondimenti dei tg e dei talk show televisivi. Fra questi PNRR, Next Generation EU, Recovery Fund. Proviamo a fare chiarezza.
Il PNRR di cui sentiamo parlare ogni giorno è un acronimo è sta per Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. A seguito della crisi economica che ha investito l’Unione Europea dopo lo scoppio della pandemia da Covid19 le singole economie degli Stati membri erano in forte affanno.
Per questo l’Unione Europea ha istituito un programma di aiuti, il Next Generation EU uno strumento temporaneo, inserito nel bilancio a lungo termine dell’unione 2021-2027, che mira ad attenuare l’impatto economico e sociale della pandemia.
Si tratta di un fondo da circa 800 miliardi da suddividere fra i vari paesi con lo scopo di finanziare progetti ad ampio raggio per far ripartire l’economia. Ai singoli Stati verrà trasferita la cifra spettante in due tranche: il 70% fra il 2021 e il 2022, il restante 30% entro la fine del 2023.
Inizialmente tale fondo veniva comunemente chiamato Recovery Fund (letteralmente Fondo di ripresa) un nome che tutt’ora viene spesso usato, anche se in realtà i fondi che arriveranno anche all’Italia fanno parte del Recovery and Resiliency Facility (RRF), che possiamo tradurre come Dispositivo europeo per la ripresa e la resilienza, ovvero un sottoinsieme del programma Next Generation Eu (circa il 90% del totale) con una dotazione di 672,5 miliardi di euro: 360 miliardi di prestiti (in inglese loans) e 312,5 miliardi di sovvenzioni a fondo perduto (in inglese grants).
Il restante 10% è suddiviso in progetti minori fra cui il più oneroso è il React Eu (47,5 miliardi), un progetto destinato a riparare i danni sociali ed economici in virtù di una ripresa verde e digitale.
La novità più dirompente riguarda il metodo di finanziamento del piano, che per la prima volta vedrà una raccolta attraverso l’emissione di debito comune, garantito in solido da tutti i paesi della Ue.
Il PNRR è quindi il documento che ogni singolo stato ha dovuto presentare all’Unione Europea con il dettaglio delle proposte e dei progetti per cui verranno investiti i fondi destinati dal Recovery Fund.
L’Italia come tutti gli altri stati membri dell’Ue ha presentato un progetto super dettagliato per spiegare come intende usare i fondi messi a disposizione dall’Europa a cui il governo ha affiancato un piano complementare con risorse aggiuntive per un ulteriore cifra pari a circa 30 miliardi di euro. Il piano, per un importo complessivo di 191,5 miliardi di euro, è suddiviso in 6 missioni o aree tematiche.
1. Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo
2. Rivoluzione verde e transizione ecologica
3. Infrastrutture per una mobilità sostenibile
4. Istruzione e Ricerca
5. Inclusione e Coesione
6. Salute
La prima missione mira a una vera rivoluzione digitale per modernizzare il Paese: a partire dalla PA che dovrà essere semplice e trasparente, la giustizia digitalizzata e più veloce, l’accesso alla banda ultra-larga in tutto il paese per ridurre il gap tecnologico, nuovi investimenti nella Space Economy, nella Cultura e nel Turismo, con approccio digitale e sostenibile.
La seconda missione guarda ad un profondo cambiamento di mentalità finalizzato alla transizione verde, ad una dimensione più sostenibile ed inclusiva del Paese, in cui favorire l’economia circolare, le fonti di energia rinnovabili e un’agricoltura più sostenibile.
La terza missione si pone l’obbiettivo di un trasporto moderno e sostenibile in tutto il paese, una rete ferroviaria moderna e accessibile che migliori la mobilità dei cittadini e delle merci. Rinnovamento e nuove infrastrutture come ponti, strade, porti e aeroporti e riqualificazione di quelle obsolete con ammodernamento di mezzi e stazioni, potenziamento del trasporto pubblico locale, in particolare i nodi metropolitani e i collegamenti nord sud.
La quarta missione è tutta incentrata sui giovani, il diritto allo studio e alla ricerca e la transizione digitale. Concretizzare un sistema educativo forte, che ponga i giovani al centro, per garantire loro pari possibilità di accesso allo studio e alla socializzazione a partire dalla prima infanzia, con la creazione di 228mila nuovi posti negli asili. Un’istruzione innovativa, moderna e digitale grazie alla rete ultraveloce e alle classi trasformate in ambienti di apprendimento connessi.
La quinta missione mira a garantire un futuro nuovo per tutti i cittadini, con l’innovazione del mercato del lavoro, più corsi di alta formazione e politiche volte a facilitare il reinserimento nel mondo del lavoro a qualunque età. Una maggiore inclusione favorita anche da una rigenerazione urbana e dei servizi sociali. Una visione più partecipe e attiva della società civile, dove eliminare le diseguaglianze economiche, sociali, territoriali, di genere, sostenendo in primis l’imprenditorialità femminile e giovanile.
La sesta missione infine ha al centro la salute con tutto ciò che ne consegue. Un settore in forte crisi per le sfide di portata storica vissute negli ultimi due anni che deve rimettere il benessere e la salute della persona al centro dell’agenda politica. Riforme e investimenti sono dunque rivolti a potenziare il servizio sanitario nazionale in virtù di una maggiore prevenzione e cura delle patologie soprattutto promuovendo la ricerca, la formazione e la tecnologia.